Dopo il terremoto che ha colpito l’Italia centrale. Ricostruire dove, ricostruire come.
L’ennesimo sisma che ha colpito il nostro paese ne ha ancora una volta mostrato la fragilità. I cumuli di macerie che erano paesi suscitano commozione, e vorremmo tutti poter portare indietro il tempo e restituire persone e case alla vita. Purtroppo possiamo solo pregare per chi non ce l’ha fatta, ma possiamo fare qualcosa per i sopravvissuti. Dobbiamo ricostruire, dobbiamo fare in modo che tutto possa ricominciare. Abbiamo imparato dagli errori del passato, e oggi siamo tutti d’accordo che i paesi dovranno risorgere là dove erano. Perché un paese è anzitutto una comunità di persone, legate da affetti, amicizie, rapporti di lavoro. Un paese è un luogo di relazioni tra uomini, e sono queste relazioni che devono guidare la ricostruzione. In un paese quando ci si incontra ci si saluta, in un paese c’è il bar dove fare quattro chiacchere, c’è il negozio dove ancora puoi mettere in conto gli acquisti, passi davanti alla bottega del falegname e respiri l’odore del legno, c’è la piazza e la chiesa con il suo campanile. Luoghi e sensazioni si mescolano, e producono quell’alchimia sempre uguale e sempre differente che ogni comunità realizza.
Ricostruire nel luogo stesso, ma in maniera che il tremore della terra non porti più morte e distruzione. Le tecnologie attuali ci consentono di costruire case antisismiche al massimo livello, anche senza cemento armato. Legno e muratura antisismica possono essere utilizzate nella ricostruzione di borghi antichi, rispettandone l’originaria tipologia, facendo in modo che dalla finestra si possa sempre riconoscere la falda del tetto del dirimpettaio, o il suono del suo portone che si chiude. Ecco, io chiederei ai superstiti quali suoni, rumori, odori, colori, scorci di viste ricordano e si portano dentro, e su questa base progetterei la ricostruzione del loro paese.
Arch. Claudio Pauselli